Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato  presso  i  cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato; 
    Contro la Regione Marche, in persona del presidente pro  tempore,
per   la   declaratoria   dell'illegittimita'   costituzionale,   per
violazione delle attribuzioni legislative spettanti allo Stato, degli
artt. 22, 26, comma 4, 27 e 31, comma 1 lettera d), della legge della
Regione Marche 31 ottobre 2011, n. 20, pubblicata nel BUR  n.  7  del
giorno 8 novembre 2011, recante il titolo «Assestamento del  bilancio
2011». 
    La proposizione del presente  ricorso  e'  stata  deliberata  dal
Consiglio dei Ministri  nella  riunione  del  23  dicembre  2011  (si
depositeranno estratto conforme del verbale e relazione del  Ministro
proponente). 
    La legge della Regione Marche n. 20 del 2011  («Assestamento  del
bilancio 2011») dispone, tra altro: 
    1. all'art. 22, la modifica del comma 4 e l'abrogazione del comma
5 dell'art. 2 della legge regionale 4 aprile 2011, n. 4, disposizioni
gia' impugnate dal Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  con  il
ricorso portante il NRR 60/2011 - udienza pubblica 21 febbraio  2012.
La modificazione dispone che le stazioni  appaltanti  considerino  in
via prioritaria la possibilita' di prevedere  una  soglia  minima  di
ammissibilita'  delle  offerte  relativamente  all'elemento  o   agli
elementi di valutazione connessi alla tutela  della  salute  e  della
sicurezza nel cantiere; 
    2. all'art. 26, comma 4, un aumento del  salario  accessorio  del
personale del comparto CCNL 22  gennaio  2004  addetto  all'assemblea
legislativa, nonche' un aumento della retribuzione di posizione e  di
risultato del personale dirigente dell'assemblea legislativa; 
    3. all'art. 27, l'introduzione del comma 5-bis nell'art. 10 della
legge regionale 11 dicembre 2011, n.  32,  prevedente  l'obbligo  del
personale di protezione civile che svolge funzioni anche di  supporto
tecnico amministrativo di effettuare prestazioni lavorative anche  in
regime di turnazioni diurne e notturne in deroga ai vigenti contratti
collettivi nazionali; 
    4.  all'art.   31,   comma   1,   lettera   d),   la   promozione
dell'utilizzazione dell'interporto di Jesi, liberando spazi nell'area
portuale di Ancona. 
    L'art. 22 della legge regionale impugnata  modifica  il  comma  4
dell'art. 2 della legge regionale 4 aprile 2011, n.  4,  come  segue:
«Negli atti  posti  a  base  delle  procedure  di  aggiudicazione  le
stazioni appaltanti considerano in via prioritaria la possibilita' di
prevedere  una  soglia  minima  di   ammissibilita'   delle   offerte
relativamente all'elemento o agli elementi  di  valutazione  connessi
con la tutela della salute e della sicurezza del cantiere». 
    La  disposizione  consente  di  introdurre  nelle  procedure   di
aggiudicazione  una  soglia  di  sbarramento,   rappresentata   dalla
valutazione della tutela della salute e della sicurezza nel cantiere,
non presente nel decreto legislativo n. 163  del  2006  e  successive
modificazioni  ed  integrazioni,  che  attribuisce  alla   competenza
esclusiva dello Stato una serie di materie le quali,  come  affermato
da codesta  Ecc.ma  Corte  nella  sentenza  n.  401  del  2007,  sono
riconducibili alla  «tutela  della  concorrenza»  e  all'«ordinamento
civile» cosi' da richiedere  una  disciplina  uniforme  su  tutto  il
territorio nazionale, non derogabile dai legislatori regionali. 
    La disposizione contrasta con l'art. 73 del codice degli appalti,
il quale stabilisce che siano le stazioni appaltanti a determinare  e
richiedere gli elementi prescritti dal bando  e  quelli  necessari  o
utili per operare la selezione degli operatori  da  invitare,  e  con
l'art. 83 del medesimo codice, il quale riserva al bando di  gara  la
previsione dei criteri di ammissibilita' dell'offerta. 
    Ne' la lesione delle prerogative dello Stato  e'  mitigata  dalla
circostanza  che   la   disposizione   appare   disporre   una   mera
possibilita', poiche' siffatta apparenza risulta smentita da altra  e
precedente statuizione normativa secondo la quale quella possibilita'
va considerata dalle stazioni appaltanti «in via prioritaria»,  cioe'
quale sorta di precondizione nella  determinazione  della  soglia  di
ammissibilita' sconosciuta alla normativa dello  Stato  recettiva  di
quella sovranazionale della UE. 
    La  disposizione  risulta,  per  tali  ragioni,  invasiva   delle
attribuzioni legislative dello Stato nelle materie  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettere e) ed i) della Costituzione. 
    L'art. 26, comma 4, della legge regionale impugnata dispone  che:
«... il fondo di cui all'art. 31, comma 2, del CCNL 22  gennaio  2004
per  il  salario  accessorio  del  personale  del   comparto   (ndr.:
dell'assemblea legislativa) e' rideterminato in euro 1.095.543,65, al
netto degli oneri riflessi. Il fondo per la retribuzione di posizione
e di risultato del personale dirigente dell'assemblea  legislativa  e
rideterminato in euro 364.153,20, al netto degli oneri  riflessi.  Ai
fondi cosi' determinati si applicano le riduzioni  di  cui  al  comma
2-bis dell'art. 9  del  decreto-legge  n.  78/2010,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 122/2010». 
    In  sostanza,  il  legislatore  regionale  ha  neutralizzato  gli
effetti delle riduzioni disposte dalla manovra  di  finanza  pubblica
del 2010 aumentando ex post le retribuzioni  spettanti  al  personale
addetto all'assemblea legislativa. 
    La disposizione viola l'art. 117,  comma  3,  della  Costituzione
poiche' contrasta - eludendolo - con  il  principio  fondamentale  di
riduzione della spesa pubblica dettato dallo Stato con la manovra del
2010, nella materia  a  legislazione  concorrente  di  «coordinamento
della finanza pubblica». 
    L'art. 27 della legge regionale impugnata dispone  che:  «...  il
personale della struttura (ndr: di  supporto  tecnico  amministrativo
degli uffici regionali della  protezione  civile)  ...  e'  tenuto  a
effettuare prestazioni  lavorative  anche  in  regime  di  turnazioni
diurne e, se necessario, notturne, disposte  dal  relativo  dirigente
...». 
    La disposizione deroga ai vigenti contratti collettivi nazionali,
che  non  prevedono  siffatto  obbligo  generalizzato  e  avulso   da
specifiche e insopprimibili esigenze, in  tal  modo  violando  l'art.
117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione  che  attribuisce
alla legislazione esclusiva dello Stato l'«ordinamento  civile»,  sub
specie di rapporti di diritto privato regolati contrattualmente. 
    L'art. 31, comma 1, lettera d), della legge  regionale  impugnata
dispone che: «... la regione promuove le azioni necessarie a: ...  d)
favorire l'utilizzo dell'interporto di  Jesi,  con  funzioni  sia  di
centro di raccolta e smistamento delle  merci  sia  di  retro  porto,
liberando spazi nell'area portuale di Ancona». 
    La disposizione,  pur  primariamente  finalizzata  a  incentivare
l'interporto di Jesi, incide sulla destinazione e organizzazione  del
porto di Ancona di cui impone la liberazione di taluni spazi  adibiti
a centro di raccolta e smistamento delle merci e a retro  porto,  per
«sviarli» verso l'interporto di Jesi. 
    In tal modo, la disposizione attribuisce alla regione le  azioni,
anche  amministrative,  per  conseguire  detto  «sviamento»   e,   di
conseguenza, per incidere sulla  competenze  spettanti  all'Autorita'
portuale di Ancona, cui - ai sensi  dell'art.  5  delle  legge  dello
Stato n. 84 del 1984  -  spetta  l'assunzione  del  piano  regolatore
regionale  che  individua  la  destinazione  funzionale  delle   aree
portuali. 
    In tal modo, la disposizione regionale viola l'art. 117, comma 3,
della  Costituzione  poiche'  lede  i  principi  fondamentali   sulle
competenze delle Autorita' portuali fissati dallo Stato con la  legge
n. 84 del 1984 nella materia a legislazione concorrente «porti».